giovedì 7 giugno 2007

Milano, arrestati 9 tunisini sospetti militanti islamici

giovedì, 7 giugno 2007 5.03 163

MILANO (Reuters) - Il Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Milano, in collaborazione con la polizia britannica, ha arrestato oggi nove tunisini sospettati di appartenere a una cellula del Gruppo salafita per la predicazione e il combattimento, ora noto anche come "al Qaeda islamic Maghreb", che si ritiene finanziasse e offrisse supporto logistico ai militanti islamici.

Lo hanno riferito oggi fonti giudiziarie e le Fiamme Gialle di Milano, precisando che la presunta cellula è sospettata di aver lavorato a potenziali piani, ancora a livello embrionale, per colpire obiettivi in Italia e in altri paesi che non sono mai stati messi a punto nei dettagli. Gli arresti sono stati disposti dal gip di Milano Guido Salvini e uno di questi è stato eseguito a Londra.

"(Si tratta di) Una cellula ispirata all'ideologia e alla finalità di al Qaeda e potenzialmente idonea a colpire obiettivi in Italia, in Europa o in altri Paesi del mondo qualora se ne fosse ravvisata l'opportunità tattico-strategica e l'azione fosse stata possibile e produttiva per gli obiettivi politico-religiosi prefissati dal verbo della Jihad", scrive il gip nell'ordinanza.

Le accuse per i nove, a vario titolo, sono di associazione a delinquere con finalità di terrorismo internazionale, falsificazione di documenti, favoreggiamento, immigrazione clandestina, traffico di droga e furto di autoveicolo, secondo quanto riferito da fonti giudiziarie.

Le indagini hanno permesso di individuare collegamenti -- in corso di conferma da parte delle autorità competenti -- con almeno due attacchi terroristici avvenuti in Tunisia a gennaio e in Algeria lo scorso aprile.

UNO DEGLI ARRESTI ESEGUITO A LONDRA

Uno degli indagati, Habib Ignaoua, tunisino, 46 anni, è stato arrestato a Londra dalla polizia britannica.

Nell'ordinanza del gip si legge che Ignaoua, di cui gli inquirenti italiani indicavano la possibile presenza in Gran Bretagna, è accusato di essere un "reclutatore sulla piazza milanese" di aspiranti militanti da addestrare in Afghanistan.

"In qualità di promotore e organizzatore svolgeva il compito di fare proselitismo e convincere i volontari a recarsi in Afghanistan nei campi di addestramento appartenenti all'organizzazione per ricevere uno specifico addestramento militare e per approfondire le conoscenze ideologico-religiose nell'interpretazione della religione musulmana propria dell'associazione", scrive il giudice per le indagini preliminari.

Un prezioso contributo alle indagini è giunto da un collaboratore di giustizia che ha descritto per la prima volta la vita nei campi di addestramento per militari di al Qaeda in Afghanistan.

"In questo tipo di criminalità, (la presenza di un collaboratore di giustizia) dà risultati aggiuntivi perché (è in grado di ) fornire anche un quadro psicologico (della vicenda)", ha detto oggi il pm di Milano Elio Ramondini, che ha coordinato le indagini.

"L'organizzazione aveva creato in Italia una base logistica e un canale di reclutamento di mujaheddin da avviare alla lotta terrorista jihadista in Afghanistan, Algeria, Tunisia, Cecenia e in passato Bosnia", hanno detto le Fiamme gialle precisando che il gruppo terroristico si componeva principalmente di 16 magrebini -- alcuni dei quali già iscritti nelle black list dell'unione europea, dell'Onu e degli Stati Uniti -- e il cui capo era Essid Sami Ben Khemais.

Il gruppo ha sostenuto le attività dei mujahiddin reclutando neofiti e inviandoli per l'addestramento nei campi afghani di Khowst, Drointa, Kalden e Farouk con denaro frutto di alcuni reati come lo spaccio di sostanze stupefacenti.

Dall'inchiesta, scrive ancora il gip, è inoltre emersa "ancora una volta con grande nettezza la funzione svolta dalla moschea di viale Jenner quale luogo di persuasione e di avvio alla guerra santa e quindi la sua caratteristica non solo di luogo di preghiera ma di punto di riferimento logistico e funzionale alla rete jihadista".

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